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Lo scorso novembre la caduta di un albero uccise un ragazzo. Ora solo tronchi segati

Angelo Tantaro - 28/01/2009

Mia figlia nacque nel 1994 e il comune le scrisse una lettera “adesso ci sei anche tu e insieme a te anche un piccolo albero, abbiamo creato un gemellaggio, per ogni neonato residente a Roma verrà piantato un albero”.

Alberi non potati da anni e, in un giorno di pioggia e vento, cadde un albero. Era il 4 novembre 2008. Quando smise di piovere, un ragazzo di soli tredici anni non c’era più. Giocava in via Lucio Mario Perpetuo.

Il popolo del Quadraro non rassegnato si strinse alla sua dolente famiglia. Il Comune venne, fece la discesa del Quadraro e partecipò alla cerimonia funebre. Il potere, in evidente stato di disagio, rassicurò tutti i cittadini che queste disgrazie non sarebbero più avvenute, che gli alberi erano stati visitati dai tecnici del comune, godevano di ottima salute. Ma qualche giorno dopo ne cadde un altro e il comune preso dal panico iniziò lo scempio degli alberi.

Gli alberi sono esseri viventi con le braccia rivolte verso il cielo. In via dei Levii, viale Opita Oppio (che non è più un viale), via Egerio Levio, piazza del Quadraretto, via Marco Decumio è stata compiuta la strage.

Sono già passati due mesi. Camminando per le strade, si avverte il dolore. Tristi aiuole con miseri pezzi di tronchi segati. Il Comune non ci ha ancora informato quando i nostri fratelli alberi ritorneranno nel nostro quartiere.

 

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