Il Quadraro è un quartiere della zona di Roma sud-est che è attraversato da una importante strada: la via Tuscolana. Proprio qui, durante l’occupazione nazi-fascista della capitale tra il settembre 1943 e il giugno 1944, prese vita una delle forme meglio organizzate della Resistenza romana.
Per fermare questa attività clandestina i nazisti decisero di attuare il terzo rastrellamento nella capitale italiana durante quel periodo. Prima del Quadraro ci furono altri due episodi simili e tristemente noti: uno fu quello che portò all’arresto di 2000 carabinieri che vennero accusati di essere dei veri e propri servi di casa Savoia, avvenuto il 7 ottobre 1943; l’altro è quello che si verificò nel ghetto ebraico della Città Eterna, datato il 16 ottobre dello stesso anno.
Furono due le motivazioni che portarono all’azione nazi-fascista al Quadraro: la prima era che i gerarchi nazisti, a seguito dell’attentato di via Rasella del 24 marzo 1944, volevano provvedere all’evacuazione e alla deportazione dei cittadini romani “dei rioni e sobborghi maggiormente infestati dai comunisti”. Tra i vari sobborghi fu scelto proprio il quartiere lungo la Tuscolana perchè qui, il lunedì di Pasqua di quell’anno, 10 aprile 1944, tre militari tedeschi era caduti vittime di un attentato organizzato da parte di Giovanni Ricci e Franco Basilotta. A questa azione partecipò senza aprire il fuoco anche Giuseppe Albano meglio noto come “il Gobbo del Quarticciolo”, una storica figura della Resistenza a Roma.
Per cercare di fermare i partigiani del “Nido di Vespe”, soprannome che si era guadagnata al tempo la borgata, i tedeschi prepararono una operazione militare passata alla storia con il nome in codice di Unterhemen Walfisch (Operazione Balena). Essa si verificò esattamente 76 anni fa: il 17 aprile 1944.
Furono deportate centinaia di persone. Le cifre più probabili parlano di circa 750 individui prelevati, ma il numero reale ancora non si conosce. Si sa invece che tutti i deportati erano maschi di età compresa tra i 16 e i 55 anni.
La maggior parte degli arrestati, visto che alcuni riuscirono a fuggire, vennero dapprima condotti al campo di detenzione e transito di Fossoli, vicino alla piccola cittadina emiliana di Carpi in provincia di Modena. Da lì giunsero, verso fine giugno del 1944, nella città di Racibórz (in tedesco Ratibor), sita nella regione della Slesia in Polonia, dove era attestato il campo di transito e smistamento per l’assegnazione del lavoro. Da qui, infine, vennero destinati in molte fabbriche dislocate in Germania Austria e Polonia.
I deportati facevano parte di tutte le categorie sociali possibili.
Tra gli arrestati vi erano anche due personaggi che, in modi diversi, avevano a che fare con lo Sport: Romolo De Sisti e Alfredo Welby. Entrambe queste figure riuscirono a salvarsi.
De Sisti era un un conducente dei tram della allora azienda STFER (che dopo la guerra diventò la STEFER); tali mezzi di trasporto su rotaia venivano usati per viaggiare lungo la Tuscolana in direzione dei Castelli. Egli però fu soprattutto il padre di Giancarlo: famoso centrocampista di Fiorentina e Roma, tra gli anni ’60 e ’70, e vice-campione con la Nazionale italiana ai mondiali di Messico 1970.
Al padre stesso il calciatore dedicò varie interviste-ricordo. Questo perchè Romolo fu un vero e proprio “sponsor” per la carriera calcistica del figlio.
Il secondo, invece, era il padre di Piergiorgio Welby, morto il 20 dicembre 2006 dopo una lunga battaglia per la richiesta di eutanasia assistita. Prima della guerra Alfredo, da tutti chiamato in modo scherzoso con il soprannome di “Alfredino” visto che era alto quasi due metri, ebbe contatti diretti con il mondo del pallone: fu un calciatore della Roma, nella stagione calcistica 1929-30, e poi della Reggina.
Appese gli scarpini al chiodo nel 1938 mentre militava nelle file della squadra della MATER (la squadra della ditta Motori Alternatori Trasformatori Elettrici Roma per cui Welby lavorò come segretario del capo officina e gestendo il personale) che partecipava al campionato di serie C. Era conosciuto come il giocatore gentiluomo per l’estrema correttezza in campo e per il rispetto ferreo delle regole.
Quel maledetto 17 aprile 1944 entrambe queste figure furono prelevate dai nazisti durante il rastrellamento. Da lì furono portati al Cinema Quadraro per essere identificati e quindi condotti a Cinecittà dove restarono per due giorni prima di cominciare il lungo viaggio verso Fossoli.
De Sisti però, in Emilia, non ci arrivò mai. A Firenze, difatti, salì su un treno alla stazione di Campo di Marte per arrivare diretto al campo.
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Alfredo Welby – di Pierluigi Amen |
Durante il viaggio però, approfittando di un rallentamento del mezzo a causa di una curva, riuscì a saltare giù dopo aver aperto, con l’aiuto di alcuni compagni di scompartimento, il portellone del vagone.
Da lì ebbe inizio un lungo vagabondaggio verso la Città Eterna dove arrivò il 4 maggio 1944. Morì nel paese in provincia di Roma di Rocca Priora il 4 dicembre 1995.
Alfredo Welby, invece, giunse a Fossoli come molti altri deportati. Riuscì a fuggire con una mossa strategica: nella baracca in cui dormiva morì, per una grave malattia, un altro internato. Welby prese il suo cartellino e salì sul camion che doveva partire per trasferire un gruppo di ammalati gravi, riuscendo poi a fuggire dallo stesso camion. Transitò dunque a Firenze dove potè rifugiarsi, grazie alla complicità di una ex compagna di scuola, presso un istituto per non vedenti.
Gli ospiti della struttura, però, dopo pochi giorni capirono che Welby godeva di ottima vista e quindi fu costretto a scappare. Da Firenze fino a che non varcò la linea del fronte ottenne anche altri vari aiuti che gli permisero di continuare il viaggio senza essere catturato.
Egli arrivò a Roma il 22 agosto 1944. E’ deceduto il 14 luglio 1998 nella medesima città.
In chiusura del pezzo vorrei ringraziare sentitamente, dato l’aiuto e le informazioni che mi ha dato per poter raccontare queste storie, il dottor Pierluigi Amen: coordinatore della ricerca storica e delle attività di divulgazione dell’ANRP (Associazione Nazionale dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari) sul rastrellamento del Quadraro.
Pierluigi stesso, dal canto suo, dedica quest’articolo alla cara memoria di Aulo Mechelli, funzionario dell’Anagrafe Capitolina deceduto in data 8 aprile 2020 per il Covid-19 che, su incarico della Sindaco Virginia Raggi, lo ha sempre appassionatamente aiutato, insieme ai suoi addetti, nelle complesse ed imponenti ricerche anagrafiche sui rastrellati e le loro famiglie.
Se qualcuno è interessato ad aiutare Pierluigi Amen nel proseguire sua ricerca storica sul rastrellamento del Quadraro, ad esempio raccontando di uno dei suoi parenti rastrellati quel giorno di cui ancora non si conosce la storia, lo può contattare all’indirizzo mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
La redazione di Giocopulito.it ringrazia sentitamente il dottor Pierluigi Amen per il contributo fotografico e le informazioni raccolte per la stesura di questo articolo.
Foto:
* Giancarlo e Gabriella De Sisti vicino al murales dedicato a Romolo De Sisti nella stazione metro di Porta Furba – di Pierluigi Amen
* Aulo Mechelli – di Pierluigi Amen