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di Eugenio Colorni

la Repubblica 27 MARZO 2023

 familiari fosse ardeatineFamiliari delle vittime alle Fosse Ardeatine nel 1945 

Vi sono parole che abbiamo ritegno di adoperare a proposito di Giuseppe Lopresti, solo perché troppo usate nella pietosa retorica dei necrologi. Egli era veramente - e non solo oggi dopo il suo martirio - il migliore, il più serio, il più sensato, il più profondamente puro dei nostri giovani. Aveva 25 anni. Laureato in giurisprudenza, iscritto al secondo anno di filosofia, di una intelligenza aperta a ogni problema della cultura, con un appassionato interesse per i problemi religiosi, si può dire che tutte le vie gli erano aperte.Si era avvicinato a noi con estrema naturalezza, come a una compagnia a cui avesse da lungo tempo appartenuto.

Non sentimmo in lui un'ombra di lontananza e di distacco, per il fatto che era cresciuto in clima fascista. In lui cominciammo ad apprezzare e ad amare questa meravigliosa nuova generazione che oggi combatte al nostro fianco, e che sembra passata come per incanto attraverso i venti anni di fascismo, senza insozzarsene; riportandone anzi un più profondo bisogno di vita intensamente e coscientemente vissuta. Beppe ci aveva avvicinato a questo mondo dei giovani cui siamo ormai così indissolubilmente legati; di questo mondo egli era, in qualche modo, il portavoce e il simbolo.

Nella nostra organizzazione militare si era immediatamente distinto come uno degli elementi più sicuri ed efficienti. Gli erano stati affidati incarichi di estrema fiducia. Benché giovane, benché da poco tempo a contatto con noi, era uno dei nostri capi. E a queste difficili e rischiosissime mansioni sopperiva con totale tranquillità, senza la minima presunzione, con quella modesta allegria che è propria dei forti, cioè degli uomini che hanno la coscienza tranquilla. L'obbligo di sacrificarsi e di fare totale gettito della propria persona, era per lui qualche cosa di evidente, su cui non era neppure il caso di discutere. E lo dimostrò sotto la tortura nazista, assumendo su di sé anche tutta la responsabilità degli altri.

Lo avevamo visto pochi minuti prima del suo arresto, preoccupato per una situazione che andava aggravandosi, intento a prendere tutte le disposizioni per salvare ciò che poteva ancora essere salvato. Non potremo mai dimenticare il suo volto attento e pensoso già presago della morte che lo attendeva. I fascisti godono delle loro inumane vendette: ma c'è una cosa che non sapranno mai, perché non hanno la levatura morale necessaria per comprenderla: cioè di quali valori umani, di quali ricchezze spirituali coi loro ciechi colpi ci privano. Ma questo che è il motivo del nostro cocente dolore, è anche il nostro massimo titolo di orgoglio.
Questo testo uscì postumo sull'Avanti! del 19 agosto 1944

 

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