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dalla nostra inviata Brunella Giovara

La collaborazione dei nostri militari con le SS è ormai accertata. Da qui Primo Levi partì per Auschwitz 

La Repubblica  26 GENNAIO 2023

articolo 15 01                                                                                                                                Campo di concentramento di Fossoli 

FOSSOLI - Di questi tempi, conviene farsi un giro al campo di concentramento di Fossoli. Un posto ora quieto, nelle nebbie della bassa modenese. È stato un luogo di dolore disperato, addii, e non ritorni. Migliaia di deportati per lo più italiani, 6mila tra ebrei e politici, sono passati da qui per andare a morire nei lager tedeschi e polacchi. Uno dei sopravvissuti, che era Primo Levi, ricordò che il giorno della partenza per Auschwitz, alla stazione di Carpi disse a un milite italiano (un emiliano, uno forse persino spaventato da quello che vedeva e faceva) "faccia il ladro, è molto più onesto". Intorno, botte da orbi a chi tardava a salire sul treno. "Si ricordi che lei ne è complice", poi anche lui entrò nel vagone. Abbiamo dimenticato questi fatti. Molti ricordano il regime di Mussolini come giammai ostile verso gli ebrei, minimizzando le leggi razziali del 1938, omettendo i provvedimenti della Repubblica sociale che diedero il via alla caccia all'ebreo.  

"Gli ebrei in questa guerra sono nemici e vanno trattati come tali", lo stabilì la Carta di Verona. E poi Buffarini Guidi ne ordinò la cattura, stabilendo che quelli presenti sul suolo italiano andavano internati in un luogo definito, in attesa di finire nel campo speciale di Fossoli. Marzia Luppi, direttrice della Fondazione Fossoli, ha appena inaugurato una mostra sui ritratti fatti nel campo da Armando Maltagliati e Lodovico Belgiojoso, e ricevuto alcune lettere preziose, donate dai discendenti di Carlo Prina. Il partigiano e reclutatore di partigiani Prina venne ucciso nella strage del poligono di Cibeno, non lontano da qui: 67 persone mitragliate dalle Ss, ed erano tutti prigionieri di Fossoli, nel punto esatto "dove comincia il tema della responsabilità italiana nella cattura e deportazione degli ebrei, e non solo", spiega la dottoressa Luppi. 

Il 12 luglio 2021 il presidente della Commissione europea David Sassoli venne per l'anniversario, assieme a Ursula von der Leyen, una tedesca. La presidente del Parlamento europeo disse "è stato un soldato tedesco a ordinare di uccidere i vostri genitori e i vostri nonni. È una colpa profonda nella storia del mio Paese". Certo, ma Fossoli era un campo di concentramento per ebrei della Rsi, e la sola autorità a cui rispondeva era la questura di Modena. Italiani, brava gente, volenterosi esecutori di ordini interni, prima che di quelli nazisti. Non zona grigia, ma nera proprio, e non solo per il colore delle divise. Fabio Levi, storico e presidente del Centro Internazionale Primo Levi: "Fossoli è la prova provata che i tedeschi e gli italiani agivano insieme. Ed è un nome che tutti dovrebbero imparare a memoria, visto che molti lo pronunciano ancora nel modo sbagliato, cioè Fossòli". Lì ci fu "la collaborazione concreta, nei fatti, nell'avvio della deportazione, e non ci possono essere equivoci sui fascisti di allora e quelli che sono venuti dopo: i neofascisti sono gli eredi dei repubblichini, quei fascisti incattiviti che se la presero con gli ebrei".

In quella zona nera, gli italiani facevano il loro lavoro: "Cercare gli ebrei. Le forze di polizia della Rsi conoscevano bene il loro territorio, e soprattutto avevano un'ottima documentazione per trovarli", spiega Luppi. Erano gli elenchi del censimento avviato nel 1938 dopo il Manifesto della razza, e concluso nel 1939, con la schedatura di oltre 47mila persone (la fonte è il Governo). La caccia fu semplice e "il primo convoglio partì il 26 gennaio del 1944, con 83 prigionieri, caricati dalla polizia italiana sui camion e portati alla stazione di Carpi, dove li aspettava il treno per Bergen Belsen. Qui i nazisti li presero in consegna. Ma quando si parla di questi crimini, si tende sempre ad addossare le colpe ai tedeschi. Le responsabilità italiane passano ancora sotto silenzio". E anche la seconda spedizione (19 febbraio), fu permessa e attuata con la collaborazione della questura di Modena. E così la terza: 22 febbraio, il treno su cui salì Primo Levi, con destinazione Auschwitz. Il 15 marzo 1944 il comando germanico di Verona prende possesso di un'area di Fossoli, il cosiddetto campo nuovo. Luppi: "L'altro resta gestito dalla questura. E si spartiscono le persone. Ma gli italiani mantengono il controllo su tutta l'area del campo", e purtroppo.

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