di Antonio Iovane
Il Venerdì 07 MARZO 2024AGGIORNATO 08 MARZO 2024
All’arresto in Argentina nel 1995 si arrivò grazie all’intervista di un reporter americano. Ma ora un libro-inchiesta ne svela i retroscena
Priebke sulla pista dell'aeroporto di Bariloche in Argentina. Getty Images
Il fantasma tornò sulla scena il 6 maggio del 1994. Quel giorno l’emittente americana Abc mandò in onda l’intervista a un uomo di cui si erano perse le tracce per cinquant’anni: il capitano delle SS che il 24 marzo 1944 fece l’appello dei 335 uomini costretti a entrare alle Fosse Ardeatine, a Roma, per essere uccisi. E poi sparò personalmente a due di loro. «A quei tempi un ordine era un ordine», disse Erich Priebke al reporter Sam Donaldson che lo aveva scovato a Bariloche, in Argentina. Gli spiegò che si era trattato di una rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella.
In principio fu un libro
Ma se Priebke fu scoperto, quindi arrestato, estradato e infine processato in Italia, non lo dobbiamo solo al reporter di punta della tv americana, ma anche a un incontro: quello tra un libro e una producer argentina. Ed è una storia, questa, che comincia cinque anni prima. A scrivere il libro fu Esteban Buch, oggi professore di musica all’École des hautes études en sciences sociales a Parigi. È il settembre del 1989, e l’allora giovane studioso sta facendo alcune ricerche per ricostruire la vita di Toon Maes, un pittore collaborazionista fuggito in quel pezzo di Baviera trapiantato in Patagonia.
Gli dicono che proprio lì, a Bariloche, c’è qualcuno che può aiutarlo: il suo nome è “Erico Priebke”, ed è un vecchio nazista perfettamente integrato nella comunità tedesca d’Argentina. Buch lo intervista il 12 settembre 1989, in una biblioteca. Erico Priebke gli racconta che gestisce una salumeria, gli parla delle «personalità» tedesche a Bariloche, gli dice la sua sul nazismo.
Poi, prima che lo studioso si congedi, il vecchio rivela qualcos’altro ancora: gli dice che lui si trovava a Roma, durante l’occupazione tedesca, e cita l’attentato di via Rasella. Poi aggiunge: «C’era stato un atto di rappresaglia... del tutto legale, s’intende. Venivano fucilati dieci italiani per ogni soldato morto».
Fa intendere di aver preso parte a quella rappresaglia. Buch chiede se per questo ha subìto un processo. «No, io no, tutto è stato completamente legale».
Mezzo milione al Quarto Reich
Passa qualche anno, i neonazisti stanno alzando la testa un po’ ovunque, ci sono attentati razzisti e antisemiti, e il Centro Wiesenthal di Los Angeles, organizzazione nata a tutela degli ebrei nel mondo, decide di condurre un’indagine per scoprire se quei focolai sono il sintomo di qualcosa di più importante. Uno degli agenti scopre che sì, c’è una vera e propria rete, e la centrale finanziaria si trova esattamente a Bariloche.
Se ne occupa un vecchio arnese del Terzo Reich, il suo nome è Reinhard Kopps, ma si fa chiamare Juan Maler. C’è da inviare qualcuno: sarà un agente del Centro, Rick Eaton.
«Conoscevo molto bene il movimento estremista», ci racconta oggi Eaton che adesso si occupa di prevenzione del cyberterrorismo. «Lo avevo studiato a fondo. Per questo dissi ai rabbini del Centro che sarei dovuto andare io». L’agente, allora quarantenne, finge di essere un ricco editore intenzionato a foraggiare questo fantomatico Quarto Reich. Nasconde un registratore nella tasca della giacca sportiva e si imbarca. Per tre giorni, dal 2 al 4 aprile 1994, registra Kopps/Maler che farnetica sulla guerra e che racconta di come, da Roma, avesse favorito la fuga di molti nazisti.
Ovviamente reagisce entusiasta alla proposta di Eaton di un finanziamento da mezzo milione di dollari a favore dell’organizzazione.
Il massacro di Waco
Quando l’agente torna a Los Angeles, rivela che quel Kopps vuole fondare il Quarto Reich: occorre farlo sapere al mondo. Il Centro Wiesenthal organizza una conferenza stampa in grande stile all’Hotel Commodore di New York: ecco come gli eredi di Hitler si stiano rimettendo in piedi.
Nei primi minuti dell’incontro, tuttavia, in sala arriva una notizia bomba: l’Fbi è intervenuta nel ranch di Waco, in Texas, dove una setta è asserragliata da cinquanta giorni. C’è stato un incendio, ci sono settantasei morti tra cui donne e bambini. È la storia americana dell’anno, i giornalisti salutano e vanno via. La conferenza stampa è un flop.
Per il Centro Wiesenthal non può finire così, tutti devono sapere che il Quarto Reich è alle porte. Contattano la Abc che si mostra interessata, sente odore di scoop, e per cominciare ad approfondire decide di inviare a Bariloche una sua producer che vive a Buenos Aires: Dalila Herbst.
Ha 54 anni, ha lavorato come segretaria del direttore generale della Cbs e accompagna sempre Raffaella Carrà nelle sue trasferte argentine, sono diventate molto amiche.
La donna raggiunge Bariloche e cerca di contattare Kopps, ma in quei giorni il nazista non è reperibile. Così, per ingannare il tempo, cerca qualcosa da leggere che racconti la storia di Bariloche. Le consigliano un libro di Esteban Buch sul pittore Toon Maes. Solo che quel volume, nella principale libreria della città, non si trova, qualcuno ha comprato tutte le copie disponibili.
Setaccia altre librerie senza successo, finalmente ne trova una copia in un negozio vicino al lago Nahuel Huapi. E legge la storia di Kopps. Ma è un’altra storia a catturare la sua attenzione. A pagina 22 si parla di un capitano nazista, un certo Erico Priebke, che a Roma prese parte a una famosa rappresaglia.
Altro che Kopps, si dice la producer, occorre rintracciare Erico Priebke e accertarsi se sia davvero lui l’uomo della strage delle Fosse Ardeatine. Ma come fare? Dalila si arrovella. Poi, semplicemente, apre un elenco del telefono di Bariloche. E lo trova: alla P, sotto Prida Antonio e sopra Priebke Ingo c’è Priebke Erico.
Il fantasma tornò sulla scena il 6 maggio del 1994. Quel giorno l’emittente americana Abc mandò in onda l’intervista a un uomo di cui si erano perse le tracce per cinquant’anni: il capitano delle SS che il 24 marzo 1944 fece l’appello dei 335 uomini costretti a entrare alle Fosse Ardeatine, a Roma, per essere uccisi. E poi sparò personalmente a due di loro. «A quei tempi un ordine era un ordine», disse Erich Priebke al reporter Sam Donaldson che lo aveva scovato a Bariloche, in Argentina. Gli spiegò che si era trattato di una rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella.
Ma non era che l’inizio
Dalila raggiunge il bar del ristorante, lo aspetta, è nervosa. Poi, finalmente, Priebke arriva. Indossa un maglione giallo sopra una camicia blu: la producer sorride faticosamente, è tesa, gli stringe la mano mentre lui è rilassato, ama la compagnia femminile.
Parlano di Bariloche, del turismo. Poi lei si inventa che suo nonno aveva partecipato alla Seconda guerra mondiale. Anche io, si anima Priebke, ero un ufficiale di stanza all’ambasciata americana a Roma.
«Lì ho capito che era il nostro uomo, ho capito che avevo di fronte a me Erich Priebke» ci racconta la donna. Priebke continua a parlare, lei è persa in una bolla di pensieri. «Sono tornata di corsa nella mia stanza e siccome soffro di diabete ho avuto bisogno di una dose extra di insulina».
Quello che accadrà un paio di giorni dopo, in Italia lo abbiamo visto sul Tg3 delle 22.30 del 6 maggio 1994: la celebre intervista-agguato ad Erich Priebke fatta dalla stella della Abc, Sam Donaldson, insieme a Dalila Herbst, che però non compare in video. Il boia delle Fosse Ardeatine viene arrestato, e poi estradato in Italia per essere processato. Non un percorso facile.
Di qui in poi la spy story diventa un legal drama. Sembrava la fine, era soltanto l’inizio.
Sul Venerdì dell’8 marzo 2024
*Antonio Iovane è l’autore del libro Il carnefice. Storia di Erich Priebke (Mondadori, 444 pagine, 20 euro)
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